L'archivio della famiglia Rosselli

Una testimonianza del valore della libertà

Carlo Rosselli

Carlo Rosselli nacque a Roma il 16 novembre 1899, secondogenito di Giuseppe Emanuele (Joe) Rosselli e di Amelia Pincherle, entrambi appartenenti a famiglie ebraiche benestanti, di cultura liberale e di tradizione repubblicana e risorgimentale.

Nel 1903 la madre Amelia, separatasi dal marito, si trasferì a Firenze con i tre figli (il fratello maggiore, Aldo, ed il minore, Nello), vivendo sempre in un ambiente culturalmente stimolante, contrassegnato da tendenze patriottiche che portarono nel 1914 Amelia ed i figli, pur all’epoca giovanissimi, a sposare con entusiasmo la causa interventista, ritenendo l’intervento contro l’Austria come l’ultima guerra d’indipendenza.

Oltre che dalla madre, Carlo subì l’influenza dello zio, Gabriele Pincherle, senatore del Regno.

Nel 1916 il fratello Aldo, ventenne, che era il punto di riferimento dei fratelli minori, cadde in combattimento al fronte; Carlo, che fin dal 1915 si era impegnato come volontario civile per sostenere lo sforzo bellico, come i suoi fu profondamente segnato da questa tragedia.

Chiamato sotto le armi nel 1917, divenuto ufficiale nel 1918, fu mandato in zona di guerra, senza però partecipare a scontri. Fu congedato nel 1920, ma tutta l’esperienza vissuta lo aveva profondamente segnato.

Carlo, che nel 1917 aveva conseguito una “licenza limitata” all’istituto tecnico, dopo aver superato un esame di ammissione nel 1919, si iscrisse all’ Istituto di Scienze Sociali Cesare Alfieri, ove si laureò nel luglio 1921, con la tesi “Il sindacalismo”, avendo come relatore l’economista Riccardo Dalla Volta e nel luglio 1923 si laureò in legge all’Università di Siena con la tesi “Prime linee di una teoria economica dei sindacati operai”. Iniziò quindi una carriera di insegnamento universitario, prima (1923-1924) alla Bocconi di Milano e successivamente (1924-1926) all’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Genova.

Ma già da tempo era iniziato il suo impegno politico, segnato da un deciso orientamento antifascista, anche sotto l’influenza di Salvemini, conosciuto nel 1920, e di Alessandro Levi, suo parente ed esponente del riformismo. Fin dal 1921, nel quadro storico turbolento della crisi postbellica, si era avvicinato al movimento socialista riformista di Turati ed era entrato in contatto con Luigi Einaudi e Piero Gobetti.

Nel febbraio 1923, insieme a varie personalità, come Ernesto Rossi, Piero Calamandrei, Pietro Jahier, dette vita a Firenze al “Circolo di cultura”, che sarebbe stato chiuso per ordine prefettizio, dopo essere stato devastato dai fascisti, nel gennaio 1925.

Dopo l’uccisione di Matteotti, nel luglio del 1924, decise di aderire al Partito socialista unitario di Turati e Treves. Nello stesso 1924 aveva partecipato alla fondazione del movimento “Italia Libera”, e dopo la svolta autoritaria del gennaio 1925, dette vita, col fratello Nello, con Salvemini ed Ernesto Rossi al giornale «Non mollare», distribuito clandestinamente dai membri di “Italia Libera”.

Nel marzo del 1926, in condirezione con Pietro Nenni, fece uscire il primo dei trenta numeri della rivista «Quarto Stato», cui collaborarono antifascisti di diverse tendenze, uniti dalla volontà di creare una coalizione di sinistra intransigentemente antifascista ed inclini ad una visione ampiamente autocritica sulle scelte politiche operate dalla sinistra nella crisi postbellica. Contemporaneamente Rosselli proseguì la propria attività politica antifascista a Milano, in una situazione sempre più difficile per l’aggravarsi della repressione del regime e della violenza fascista (a Genova nell’aprile Rosselli fu anche aggredito da squadristi). Nel luglio chiuse definitivamente con l’insegnamento (fu sospeso per le pressioni del ministro Belluzzo) e, il 25 dello stesso mese, sposò Marion Cave, un'inglese politicamente impegnata contro il fascismo, conosciuta nel Circolo di cultura di Firenze, che gli sarà sodale in tutta la sua attività politica. Nel novembre 1926, a fronte dell’emanazione delle “leggi fascistissime” e della recrudescenza della violenza squadristica, dette vita, con Riccardo Bauer e Ferruccio Parri, ad un’organizzazione clandestina che si occupò di predisporre la fuga all’estero dei vecchi antifascisti.

Dopo la fuga all’estero di Claudio Treves e Giuseppe Saragat, fu la volta di Turati, convinto a lasciare l’Italia dallo stesso Rosselli, che organizzò e gestì l’espatrio, avvenuto il 12 dicembre, utilizzando un motoscafo da Savona fino a Calvi, in Corsica. Rosselli. Insieme a Ferruccio Parri, che aveva collaborato alla fuga di Turati, decise di tornare in Italia ma, sbarcato a Marina dì Carrara, il 14 dicembre, fu arrestato dalla Polizia. Fu quindi prima incarcerato a Como, poi mandato al confino a Ustica e poi tradotto a Savona dove, dal 9 al 13 settembre 1927 ebbe luogo il processo per la fuga di Turati. Il processo, per il coraggio degli imputati e della difesa, si concluse con una mite condanna, che per i fascisti fu una sconfitta. Per fermare Rosselli la commissione di polizia gli inflisse una condanna a cinque anni di confino a Lipari. Dopo due mesi di detenzione a Savona, alla fine del dicembre 1927 giunse nell’isola, dove incontrò, tra gli altri, Emilio Lussu, col quale strinse un duraturo sodalizio umano e politico.

A Lipari (dove fu raggiunto dalla moglie Marion con il primogenito John) rimase per diciannove mesi, periodo nel quale approfondì le sue riflessioni politiche, di cui rimane traccia nel suo carteggio con la madre Amelia ed il fratello Nello. Da queste riflessioni nacque “Socialismo liberale”, il suo scritto teorico più importante. Ma Rosselli non era persona capace di contentarsi di lavoro teorico: desideroso di riprendere la lotta antifascista, il 27 luglio 1929 con Lussu e Fausto Nitti , riuscì ad evadere dal confino arrivando, con una rocambolesca fuga prima a Tunisi e poi, passando per Marsiglia, a Parigi, che era il principale centro ove si ritrovavano gli antifascisti in esilio. La reazione del regime fu rabbiosa: la moglie Marion ed il fratello Nello furono arrestati, accusati di complicità nella fuga, ma la prima, di fronte alle proteste internazionali, fu lasciata libera e poté raggiungere Carlo a Parigi, mentre Nello rimase al confino, prima ad Ustica e poi a Frosinone, fino al 5 novembre, quando ottenne la grazia, anche per le pressioni di Giovacchino Volpe. Sempre nell'autunno del 1929 Carlo, insieme a Salvemini, Lussu, Tarchiani, Cianca ed altri esponenti antifascisti, dette vita al movimento "Giustizia e libertà" che, a differenza delle altre organizzazioni non comuniste (con le quali collaborò, anche entrando, tra il 1932 e il 1933, nella Concentrazione antifascista) fu politicamente assai presente anche in Italia, nonostante le persecuzioni del regime. Dal 1934 iniziò a pubblicare l'omonimo settimanale.

A Parigi, nel 1930, erano nati anche la secondogenita di Carlo e Marion, Amelia ed il terzo figlio, Andrea.

Negli anni successivi al suo arrivo a Parigi Carlo Rosselli portò avanti una intensa attività di lotta e propaganda antifascista, stringendo in particolare rapporti con gli esponenti dell’antifascismo in esilio (come si ricava anche dai suoi carteggi). Oltre ai nomi già citati si ricordano tra i tanti Max Ascoli, Riccardo Bauer, Giuseppe Antonio Borgese, Umberto Calosso, Fernando De Rosa, Gioacchino Dolci, Giuseppe Faravelli, Arturo Labriola, Giuseppe Emanuele Modigliani, Pietro Nenni, Bertha Pritchard, Romain Rolland, Giuseppe Saragat, Carlo Sforza, Ignazio Silone, Luigi Sturzo, Angelo Tasca, Silvio Trentin, Filippo Turati.

Convinto fin dal 1932 che il fascismo avrebbe portato ad un nuovo conflitto europeo, e ancor più a seguito della vittoria del nazismo in Germania (1933), quando, nel luglio del 1936, ebbe inizio la guerra civile spagnola, Rosselli comprese immediatamente la necessità di prendervi parte, organizzando le milizie degli antifascisti italiani nel battaglione Matteotti, partecipando anche agli scontri (fu anche ferito a Huelta).

Nei primi di giugno del 1937 Carlo dovette tornare in Francia, per curare una flebite che lo affliggeva da tempo, nella stazione termale di Bagnoles-de-l’Orne, dove fu raggiunto dal fratello Nello. Nella foresta vicino a questa cittadina il 9 giugno 1937, i due fratelli furono assassinati in un agguato materialmente eseguito da sicari francesi, membri della setta fascista della Cagoule, ma i cui mandanti erano italiani, strettamente legati ai servizi segreti del regime mussoliniano.