Sguardi politici

Manifesti, volantini e opuscoli nella propaganda politica

Pretini Ferdinando

Massa Lombarda (RA) 10 maggio 1894 - Firenze dicembre 1966

Intestazioni:
  • Pretini, Ferdinando, acconciatore, partigiano (Massa Lombarda 1894 – Firenze 1966), SIUSA
Descrizione:
Ferdinando Pretini nacque a Massa Lombarda il 10 maggio 1894 da una famiglia di umili operai. Nel 1908, orfano di madre e con il padre disoccupato, emigrò a Bologna in cerca di lavoro e lì venne ingaggiato da un barbiere come fattorino di bottega. Alcuni anni dopo si trasferì a Milano per frequentare una scuola professionale di acconciatura, ove fu presto assunto quale collaboratore. Dopo un primo periodo di stenti, alleggeriti dal sostegno offerto da nuovi conoscenti, le sue condizioni materiali migliorarono nel 1913, grazie ad un incremento della retribuzione. Nel 1914 vinse un concorso nazionale di acconciature artistiche, conseguendo il titolo di maestro dell’acconciatura. Seguirono la chiamata alle armi e l’arruolamento per tutta la durata della guerra, come combattente del 7° Reggimento Fanteria e poi del 5° Reggimento Alpini. Congedato nel settembre 1919, riprese le sue attività lavorando a Napoli, Bologna, Trieste e Genova, fino all’apertura – nel 1924 – di una propria bottega di parrucchiere per signora a Firenze. Nel capoluogo toscano acquisì una buona notorietà, tanto da annoverare tra i propri clienti diversi membri dell’aristocrazia fiorentina e personalità quali la duchessa Elena D’Aosta, la regina d’Italia e le principesse di casa Savoia, quando di passaggio in città o risiedenti a San Rossore. Ciò nonostante rimase repubblicano e antifascista, e come tale fu segnalato alle autorità sin dagli anni Venti. Dal 1924 aderì infatti al movimento Italia Libera e il suo negozio divenne centro di smistamento del foglio clandestino «Il non mollare». Un arresto avvenuto il 12 maggio 1927 – seguito da una reclusione di alcuni giorni con l’accusa di compartecipazione ad un complotto contro la vita di Mussolini – e la sorveglianza da parte del servizio politico fascista lo condussero tuttavia ad interrompere i contatti con i compagni di militanza. Questi ultimi vennero riallacciati solo nel secondo semestre del 1943, quando Pretini riprese la distribuzione di materiale di propaganda e partecipò all’organizzazione di nuove cellule del Partito d’Azione. Divenne uno dei membri più attivi della Commissione di assistenza ai prigionieri alleati del Pd’A, la quale si prendeva cura degli ebrei e soprattutto dei prigionieri alleati sfuggiti ai campi di concentramento. L’attività resistenziale gli costò la cattura da parte della Banda Carità, dovuta alla soffiata di una spia. L’arresto, che coinvolse anche altri componenti del suo gruppo e i suoi familiari, avvenne la sera del 24 novembre 1943. In presenza di altri prigionieri Pretini fu sottoposto allora ad atroci violenze, senza tuttavia rivelare nessuna delle informazioni ricercate dai torturatori sulla propria organizzazione clandestina. Constatata la ferma resistenza di Pretini, dopo tragici giorni di permanenza presso la «Villa Triste» di Via Ugo Foscolo – sede della Banda –, i nazifascisti lo trasferirono al carcere delle Murate in attesa del procedimento penale. Dal carcere ebbe notizia della scarcerazione dei familiari ma anche della sua condanna a morte da parte del Tribunale speciale per la difesa dello Stato. La tragica sorte fu evitata per l’intervento dei comitati clandestini, che nel giugno 1944 gli fecero ottenere il trasferimento all’ospedale di Careggi mediante una diagnosi medica. Poco dopo Pretini venne liberato grazie all’iniziativa del giudice inquirente Manlio Mazzanti che, sostenuta la scarcerazione del parrucchiere e di altre 19 persone destinate al plotone di esecuzione, si dette alla macchia. Pretini non poté comunque godere della riconquista libertà per il perdurare dell’attività investigativa e persecutoria della Banda Carità. Riuscì a sfuggirvi grazie all’ospitalità offertagli dall’amico e compagno di lotta Leo Stanzani, che lo accolse in casa fino alla liberazione di Firenze. Così nel settembre 1944 poté ritornare alla sua attività di artigiano, malgrado condizioni di salute irrimediabilmente segnate dalle torture subite. Nel novembre 1944 venne nominato Commissario straordinario della Sezione di Firenze dell’Associazione Nazionale Alpini. Nel 1945 accettò di prestare la propria opera come direttore tecnico dei corsi professionali di acconciatura femminile presso l’Ente nazionale per l’addestramento dei lavoratori del commercio. Nel 1951 rilasciò un’importante deposizione al processo della Banda Carità. Morì a Firenze nel dicembre 1966.

Complessi archivistici:

Bibliografia:
  • Giovanni Verni, La Resistenza armata in Toscana, in Storia della Resistenza in Toscana, Marco Palla, Roma: Carocci, 2006, ; vol. I, p. 213.
  • Carlo Francovich, La Resistenza a Firenze, Firenze: La Nuova Italia, 1962, pp. 92-98; 370.

Redazione e revisione:
Lisi Simone, 2020/10/07, compilazione